4 Ottobre 2024

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Ricerca, a che punto siamo in Italia?

Il sabato mattina sulle frequenze di Radio 3 è possibile ascoltare le storie di chi sceglie di far coincidere l’estero al concetto di futuro. Il programma radiofonico Expat intercetta, infatti, i vissuti e le emozioni di individui che insieme compongono il dato significativo di una ricerca condotta dalla Fondazione Nord Est e dall’associazione TIUK: sono 1,3 milioni gli italiani che tra il 2011 e il 2021 sono emigrati in paesi dell’Ue e in Gran Bretagna. Tra questi figurano ricercatrici e ricercatori come: Guido, fisico dell’atmosfera, oggi ad Amburgo; Michela, ingegnera aerospaziale, a Brema; oppure Luca, ricercatore oncologo, che vive a Heidelberg.

Le scoperte della ricerca scientifica italiana

L’Italia costituisce un player di peso nella comunità scientifica internazionale. Tra le ultime indagini, sarebbe la sesta secondo uno studio condotto dall’editore scientifico Elsevier per numero di pubblicazioni scientifiche, in particolare nell’ambito delle applicazioni multidisciplinari dell’intelligenza artificiale. Non solo.

Nel campo della medicina un team di ricercatori guidato da Francesco Pavone dell’Istituto di Neuroscienze del CNR e dell’Università di Firenze ha realizzato la prima mappatura neuronale ad alta risoluzione della porzione del cervello umano preposta al linguaggio. Questa scoperta è stata essenziale per capire come i circuiti neurali generano percezioni e comportamenti complessi. Nel settore dell’ingegneria biomedica, invece, un gruppo di ricerca dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, coordinato dal prof. Christian Cipriani, ha sviluppato arti artificiali in grado di interagire direttamente con il sistema nervoso del paziente, permettendo movimenti più naturali e un miglioramento della qualità della vita per le persone con disabilità. Non meno importante è stata l’indagine condotta dai ricercatori del Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OV), i quali hanno progettato un sistema di allerta precoce dei terremoti in grado di fornire avvisi in tempo reale, prima che l’onda sismica raggiunga le zone abitate.

La condizione attuale della ricerca scientifica in Italia

Tuttavia, c’è il rischio di retrocedere in classifica. Il benchmark dei finanziamenti pubblici alla ricerca scientifica evidenzia che l’Italia è indietro rispetto a molti altri paesi dell’Ue. In media questi ultimi investono il 2,38% del Pil nella ricerca, mentre l’Italia ne investe solo l’1,3% (ultimi dati Eurostat). Stando poi ai dati più recenti forniti dall’Istat, anche la ricerca nel settore privato non gode di buona salute: «I dati preliminari hanno segnalato una battuta d’arresto della spesa in R&S (Ricerca e Sviluppo) per il 2023, con una riduzione dello 0,3% rispetto al 2022 (ultimi dati Istat)».

Quest’estate un nuovo disegno di legge è stato approvato i primi di agosto dal Consiglio dei ministri. L’intento del ddl è quello di aggiornare le cosiddette figure “pre-ruolo”. Come?  Il documento prevede nel contorno già tracciato dalla legge 240/2010 un complesso di cinque figure post-laurea. Sarebbero la borsa di assistente alla ricerca junior, la borsa di assistente alla ricerca senior, il post-doc, il professore aggiunto e il contratto di ricerca. Tutte figure precarie, per alcune delle quali non è neanche previsto il riconoscimento di un reale rapporto di lavoro.  

Tutelata dalla Carta costituzionale (art.9), la ricerca scientifica è per tale ragione considerata principio fondamentale sul quale poggia lo stesso sistema democratico perché capace di rispondere a domande ineludibili e cruciali. Chi siamo e dove stiamo andando?

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